
EveryOne Group si appella alle istituzioni pesaresi, marchigiane e nazionali affinché l’Hotel Elvezia, vera e propria casa di solidarietà, sia salvata. L’Hotel Elvezia si trova oggi a fronteggiare un destino che nessuna struttura della solidarietà dovrebbe mai dover temere: la chiusura. Una struttura povera, certo, ma attiva, funzionale, viva. “È un presidio di umanità nel cuore della città,” affermano Roberto Malini, Dario Picciau e Glenys Robinson, co-presidenti dell’organizzazione umanitaria.
“L’albergo offre attualmente, secondo la missione che il suo direttore Andrea Verde si è dato da anni, un rifugio sicuro a 65 persone: persone italiane e straniere, molte delle quali in condizione di disagio abitativo, fragilità economica o disabilità. Tutto grazie all’impegno instancabile del suo gestore, Andrea Verde, che va sostenuto, non certo punito”. A fronte di un’ordinanza comunale che impone la cessazione dell’attività entro l’8 novembre 2025 in mancanza di adeguamenti strutturali, Verde ha deciso di ricorrere al TAR, appellandosi tanto alle norme quanto al buon senso. “Viviamo insieme, io e gli ospiti. Non sono clienti, sono esseri umani. E questa è casa nostra, è la speranza che condividiamo,” afferma.
L’ordinanza elenca una serie di prescrizioni: dagli infissi deteriorati da sostituire, alla rimozione di muffe e infiltrazioni, fino al divieto di fornelli nelle stanze e alla necessità di documentare il rispetto dei parametri per le strutture a una stella. Ma si tratta, in molti casi, di rilievi generici e già parzialmente risolti. L’Hotel Elvezia è infatti dotato del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) e ha regolarmente presentato la SCIA antincendio già nel 2020. Nessun pericolo imminente, nessuna emergenza sanitaria è stata accertata, eppure l’ordinanza resta in vigore. Nel frattempo, continua a svolgersi una delle attività di accoglienza più preziose della città: l’hotel è aperto 24 ore su 24, accoglie anche in piena notte mamme con bambini, migranti appena usciti dal sistema d’accoglienza, pensionati soli, lavoratori precari. Il costo richiesto è simbolico: 350 euro al mese, comprensivi di posto letto e prima colazione. Nessun finanziamento pubblico: tutto si regge sull’autogestione. “La società civile della città, al di là delle ideologie politiche o delle convinzioni personali, è accanto ad Andrea,” prosegue EveryOne, “che rappresenta senza ombra di dubbio la ‘faccia buona’ di Pesaro ed è un prezioso punto di riferimento non solo per le persone emarginate e vulnerabili, ma anche per le persone di buona volontà che le aiutano e vedono nell’hotel un progetto irrinunciabile di accoglienza e umanità”.
In assenza di altre strutture disponibili, l’Elvezia svolge un servizio pubblico senza godere di alcuna delle tutele riservate alle strutture convenzionate. È un’anomalia che oggi rischia di diventare un paradosso: l’unico presidio spontaneo di accoglienza rischia di essere smantellato nel nome di una conformità normativa che ignora l’urgenza sociale. Andrea Verde solleva anche un dubbio amaro: “Mi sembra che qualcuno voglia tapparmi la bocca. Qui si sta punendo chi ha visibilità e prende posizione”.
“Da parte nostra, stiamo per iniziare una raccolta fondi,” annunciano gli attivisti, “con gazebo in piazza, contando sulla generosità e la solidaretà che caratterizzano i nostri concittadini. Tuttavia, chi vuole chiudere la prezioso struttura deve darci più tempo, perché la chiusura così repentina causerebbe una tragedia umanitaria”.
Sul piano giuridico, non mancano strumenti che possono essere invocati a difesa dell’Elvezia. “La Costituzione Italiana, all’articolo 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo,” ricorda EveryOne, “tanto nella dimensione individuale quanto in quella solidale. L’articolo 3 impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano l’eguaglianza e impediscono il pieno sviluppo della persona. A livello sovranazionale, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea riconosce il diritto all’alloggio e alla protezione sociale (articoli 34 e 36), mentre la normativa europea sul contrasto alle situazioni di marginalità — incluse le Raccomandazioni del Consiglio del 2021 in materia di garanzia per i bambini vulnerabili — invita gli Stati e le autorità locali a sostenere attivamente le soluzioni inclusive e immediate per chi vive in condizioni di fragilità. Anche il “Pilastro europeo dei diritti sociali” definisce l’accesso a un alloggio adeguato come una delle priorità della nuova strategia sociale dell’Unione”.
La società civile non resta dunque a guardare. Oltre all’organizzazione di punti di raccolta fondi e di informazione solidale, si pensa anche a una segnalazione formale alla Commissione Europea, affinché l’Hotel Elvezia venga riconosciuto come esperienza virtuosa e venga fatta la giusta pressione alle nostre istituzioni affinché sia salvaguardato. In un contesto in cui le istituzioni faticano a dare risposte rapide ai bisogni abitativi, distruggere una realtà attiva e funzionante equivarrebbe a privare decine di persone della possibilità di una vita dignitosa. Per una città che si proclama Capitale della Cultura, sarebbe un errore grave, oltre che una ferita alla propria coscienza democratica.