VESCICA E PROSTATA: NON TUTTI I TUMORI SONO UGUALI NUOVE DIAGNOSI, PIÙ TEMPESTIVE E MENO INVASIVE

Sono oltre 31mila i casi di tumori alla vescica in Italia nel 2024, molto più frequenti negli uomini. Nel 2023 in Italia erano circa 29.700. I dati condivisi dal responsabile scientifico Rosario Leonardi durante il congresso interregionale “Tecnologie emergenti, terapie personalizzate e nuovi modelli di cura per la salute vescicale” in Sicilia – a Catania presso idiparma – hanno rappresentato il punto di partenza per il dibattito su prevenzione e ricerca, cure e interventi di ultima generazione, strategie per gestire incontinenza e impotenza.

«Per la diagnosi un’indagine di primo livello è l’ecografia, ma ha dei limiti per le forme neoplastiche piatte e di piccolo volume – spiega Rosario Leonardi, direttore di Urologia della Casa di Cura Musumeci GECAS e professore associato di Urologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Kore di Enna – il primo campanello d’allarme è l’ematuria, non bisogna sottovalutare la presenza macro o microscopica di sangue nelle urine. Consultare sempre un urologo che consiglierà se necessaria la cistoscopia in grado di diagnosticare un’eventuale neoplasia. Grazie ai nuovi cistoscopi flessibili i fastidi percepiti dai pazienti, durante l’esame, sono ridotti. Inoltre nel campo della diagnosi e stadiazione dei tumori vescicali una novità è rappresentata dalla risonanza magnetica multiparametrica della vescica. L’indice di rischio d’invasione della parete vescicale viene espressa in VI-RADS».

La ricerca sulla diagnosi è protesa a trovare anche nuovi biomarcatori vescicali: fra tutti, i marcatori della metilazione su campioni di urina, hanno dimostrato risultati interessanti, con questi screening non invasivi si potrebbero ridurre il numero di cistoscopie soprattutto nel follow-up. Tante le esperienze condivise sugli interventi: «Oggi è sempre più adoperata la chirurgia endoscopica – continua Leonardi – rispetto alla TUR-B tradizionale, la tecnica di asportazione in blocco è più affidabile nello stabilire i margini della neoplasia e lo suo sviluppo in profondità». Quest’ultima tecnica richiede avanzata strumentazione e know-how endoscopico, si pratica già da diversi anni, anche se ancora a macchia di leopardo sia in Italia e che in Europa.

I continui controlli in pazienti con neoplasie superficiali recidivanti rappresentano un problema per la qualità di vita e i costi a carico della sanità, ma avanzano nuove tecniche: «Non tutti sanno che anche a Catania, come ormai da anni in Inghilterra, adottiamo la tecnica “TULA” (transurethral laser ablation), utilizzando l’energia laser. La vaporizzazione dei tumori – specifica Leonardi – si esegue con una semplice anestesia locale, è indolore, non comporta la messa a dimora del catetere e consente una ripresa veloce e senza particolari complicanze».

Al centro del dibattito anche le paure da sfatare e l’evoluzione degli impianti protesici: «Non tutti i tumori sono uguali – sottolinea Stefano Pecoraro, direttore operativo Urop (Urologi Ospedalità Pubblica Privata) – prima operavamo tutti i tumori alla prostata, oggi interveniamo solo se c’è un alto grado di malignità. Nei casi di medio o basso grado si, spesso si opta per una vigile attesa con controlli ogni 6 mesi, si è appurato che per i bassi gradi spesso la malattia non progredisce in una forma clinicamente significativa. Invece il tumore alla vescica è più pericoloso, più facilmente va in progressione. Nei casi di carcinomi con alto grado di malignità agiamo asportando organi vitali, vescica e prostata, e possono venir meno continenza e potenza. Non possiamo rischiare recidive, salviamo la vita. Anche se in casi selezionati si fa sempre più strada la possibilità di risparmiare la vescica con la cosiddetta terapia trimodale. La laparoscopia robotica ha migliorato i risultati: in letteratura i tassi di incontinenza sono scesi al 15-17%. Purtroppo non è così per l’impotenza che colpisce ancora il 70% dei pazienti. Oggi siamo in grado però di preservare la sessualità, anche dopo un intervento demolitivo, impiantando protesi invisibili di ultima generazione e nel caso d’incontinenza si può ricorrere a piccoli sfinteri artificiali che risolvono il problema. L’obiettivo della ricerca è ripristinare le funzioni dei corpi cavernosi con la terapia  rigenerativa impiegando le cellule staminali».

«Solo il binomio prevenzione e diagnosi precoce può depotenziare una patologia neoplastica molto impattante sulla salute del paziente qual è il carcinoma vescicale – ha spiegato Giuseppe Mario Ludovico, presidente Urop (Urologi Ospedalità Pubblica Privata) – Uno studio sperimentale promosso dall’Urop approfondisce l’identificazione di marcatori sierici, è stato già pubblicato su una rivista prestigiosa. L’organizzazione congressuale, regionale e nazionale, testimonia il nostro interesse per la divulgazione scientifica e la vivacità intellettuale dei soci. Questo convegno in Sicilia ha dimostrato come il tema della neoplasia vescicale sia declinato mantenendo alta l’attenzione sulle tecnologie emergenti che possono condurre ad una diagnosi più tempestiva e meno invasiva. Il confronto continua per rendere meno invasive anche le terapie radicali negli stati avanzati di malattia, e per rendere meno devastanti gli effetti funzionali degli interventi chirurgici demolitivi».

«Accogliere la comunità scientifica favorisce la condivisione delle più recenti evoluzioni della medicina – ha affermato Alessandro Bottino, amministratore unico di idipharma – continueremo a creare occasioni di confronto e collaborazione per la divulgazione di terapie innovative a beneficio della qualità di vita dei pazienti».