
Carissimi,
dopo la pausa estiva, contrassegnata dall’opprimente canicola, riprendiamo gradualmente il ritmo degli impegni ordinari che ci aiutano ad ascoltare e a mettere in pratica la parola di Gesù.
In una battuta, possiamo e dobbiamo dire con Teresa di Lisieux e col protagonista del Diario di un curato di campagna: “tutto è grazia”. Così le nostre esistenze, alla sequela del Cristo, possono risalire alla sorgente primaria della salvezza, diventando messaggeri dell’Invisibile, annunciatori dell’Infinito, sillabe di Dio.
Come l’albero e le sue radici si riconoscono dai frutti (cfr. Mt 12, 33ss e Lc 6,43ss), così la disposizione assolutamente libera e misteriosa della saggezza e della bontà del Padre (LG 2 e DV2) si riconosce nei credenti dalle loro esperienze, nelle quali tutto è dono.
Sulla linea tratteggiata proprio dal testo di Matteo (12, 33-37), che qui trascrivo nella traduzione interconfessionale, vorrei riflettere insieme a voi, premettendo che la verità si manifesta nelle opere, cioè nella forma di amare e rendere libero il prossimo. Ciò esige un cambiamento radicale, come quello proclamato nel Vangelo già dalla voce di Giovanni il Battista (cfr. Mt 3,2; 4,7).
«Se prendete un albero buono, anche i suoi frutti saranno buoni; se prendete un albero cattivo, anche i suoi frutti saranno cattivi: perché è dai frutti che si conosce la qualità dell’albero.
E voi, razza di vipere, come potete dire cose buone se siete cattivi? Ciascuno, infatti, esprime con la bocca quel che ha nel cuore. L’uomo buono ha con sé un tesoro di bene, dal quale tira fuori cose buone; l’uomo cattivo ha in sé un tesoro di male, dal quale tira fuori cose cattive.
Vi assicuro che nel giorno del giudizio tutti dovranno render conto di ogni parola inutile che hanno detto: perché saranno le vostre parole che vi porteranno a essere condannati o a essere riconosciuti innocenti».
Il punto di partenza di questa riflessione è dato dalla provocazione evangelica secondo cui l’uomo è come un albero che si caratterizza per i suoi frutti. Da questa similitudine l’evangelista trae ed evidenzia una irrinunciabile esigenza, quella cioè di produrre frutti buoni, e insiste sull’importanza delle opere. Ribadisce, fuori metafora, la necessità del cambiamento nell’albero, ossia nell’uomo intero, a partire dalle radici. Si tratta di coinvolgere l’essenziale, cioè l’identità dell’albero stesso
(= uomo), senza fermarsi alle opere esterne, poiché solo un cambiamento profondo permetterà di dare buoni frutti. Si innesta così l’immagine della vigna feconda- Cristo vera vite che dà vita e fecondità ai tralci– che dovrebbe essere incisa nel cuore di chi guarda al mistero della Chiesa con fede autentica perché la vite è, sì, immagine di benessere e pace, ma richiede due condizioni decisive nel cuore del cristiano: rimanere attaccati al tronco e accettare la necessità della potatura, entrambe condizioni di fedeltà. Qui si gioca il vero senso dell’essere Chiesa: la potatura di Dio è per la rifioritura dell’uomo.
Quanto detto, a mio avviso, sembra essere il presupposto vitale per iniziare bene l’anno pastorale perché senza il desiderio di una vera conversione non si va da nessuna parte!
Il tutto ci obbliga a compiere un ulteriore passo in avanti: albero – frutti – cuore.
Sì, l’uomo è cuore, inteso come luogo del tesoro, da cui provengono le opere buone o cattive.
L’evangelista Matteo, riprendendo il messaggio di Giovanni Battista (Mt 3,7-9) e dell’apocalittica del suo tempo, pone in rilievo l’animo cattivo degli uomini, assimilati alle vipere, da cui scaturisce il veleno.
L’esperienza umana e la saggezza biblica (cfr. Lc 6,45) convergono nell’immagine che nel cuore dell’essere umano si trovano “due tesori” contrapposti, la bontà e la cattiveria, ragion per cui la sintesi di pensiero risulta netta e chiara:
- l’uomo buono trae dal suo tesoro cose buone;
- l’uomo cattivo trae dal suo tesoro cose cattive.
Pertanto, la Parola pone in rilievo la libertà dell’individuo, con la sua capacità di scegliere tra Bene e Male (cfr. Dt 30, 15-16), contro qualsiasi forma di predestinazione. Purtroppo, tanti cristiani vivono ancora piacevolmente immersi nella fatalità del destino, ritrovandosi sollevati da qualsiasi responsabilità e consapevolezza.
La conclusione della breve pericope in oggetto ci vede concentrati su un tema attualissimo: la parola può distruggere o costruire. Quanta attenzione prestiamo alle parole che proferiamo?
Non è nello straordinario, ma è nel quotidiano che noi assomigliamo a Cristo: in un tratto di strada fatto con chi ha paura, in una lacrima asciugata, in una parola di bontà sussurrata, in un atto di gentilezza inatteso, in una carezza o nello sguardo di luce che sorregge … quante volte Gesù si ferma solo perché qualcuno lo chiama, si ferma e si gira, e non lo vediamo mai progettare grandi opere, ma ascoltare, usare frasi brevi e al contempo incisive, entrare nelle case, sedere a mensa,… gesti semplici e concreti di vita!
Riprendendo e contestualizzando il testo di cui sopra, nei versetti precedenti a quelli da me riportati nella presente lettera, l’evangelista Matteo si era scagliato contro coloro che criticavano Gesù, definendolo “indemoniato” che scaccia i demoni con il potere di Beelzebùl.
Con questa nota particolare, viene a noi offerto uno spaccato vivo del conflitto con le altre comunità giudaiche, a causa di uno scontro verbale.
Oggi come ieri, all’interno delle comunità cristiane, è facile e immediato criticare, non parlarsi, non accettare alcun confronto e separarsi dagli altri.
A tal proposito vorrei ricordare a tutti, me compreso, che di ogni parola improduttiva gli uomini daranno conto nel Giudizio. Infatti, nella pagina delle tentazioni (cfr. Mt 4,4) si legge che l’uomo non vive di solo pane, ma di “ogni parola” che proviene dalla bocca di Dio.
Ci sono, quindi, delle parole del nostro linguaggio che non provengono da questa bocca e che non danno vita, anzi distruggono e annientano. Il Giudizio sarà anche per le parole che definiscono la verità o rappresentano la cattiveria dell’essere umano.
Attenzione, poi, a non strumentalizzare anche la Parola di Dio, piegandola ai nostri interessi per giustificare, in tal modo, il nostro operato. E il giudizio cattivo insieme alla mano puntata nei confronti dell’altro, in quanto noi risultiamo ai nostri occhi sempre i giusti, genera chiusura con quel Dio di cui ci vantiamo di essere fedeli discepoli.
Se sapremo abbassarci con “vera” umiltà, puliti siano i piedi del fratello, da noi lavati!
Il catino dell’acqua verificherà l’autenticità delle nostre azioni.
Auguro a tutti di camminare lungo le strade complesse e spesso pericolose della vita a fronte alta, una fronte sempre nobile e ricca di dignità, di sogni puliti e veri, di segni coerenti e conseguenti, costantemente attenti a ciò che unisce la bocca al cuore, al fine che la prima non esprima mai altra cosa di ciò che sta in un animo buono … a piccoli passi per raggiungere ideali alti e belli.
La tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore!
Diamo la Parola, che libera e salva!
Auguri di ogni bene,
Ettore Sentimentale