Andrea Filloramo: Il Ponte rischia di diventare l’ennesima beffa per il Sud. Tra ricchezza e disuguaglianza: unirà solo le lobby al potere e non le comunità locali

Andrea Filloramo, vivi da molti anni al Nord d’Italia dove hai famiglia, hai insegnato e dove hai fatto il Preside nei Licei e dove, quindi hai fatto carriera,  la domanda che mi pongo nasce spontanea: “perché hai scritto su IMGPress diversi articoli sul Ponte dello Stretto, dichiarando implicitamente la tua contrarietà, differenziandoti cosi da molti del Nord e pur sapendo che molti messinesi che vivono nella città di Messina e la stessa amministrazione locale appoggiano l’idea del Ponte e desiderano che esso sia costruito?”

Si, è vero. Ho scritto disinteressatamente diversi articoli sul tema “Ponte sullo Stretto”, perché spinto dall’amore per una città che è Messina dove sono nato, dove sono cresciuto, dove mi sono formato e alla quale, operando attivamente, ho dato un decennio della mia vita per la sua promozione e dalla quale manco da molti anni. Ho cercato di dare, così, il mio contributo per sensibilizzare, per quanto mi è stato possibile, i lettori di IMGPress su quello che considero – non da solo ma con molti altri – un progetto che fa correre il rischio alla città di Messina di essere totalmente marginalizzata. So chiaramente che tra promesse di sviluppo e timori di sprechi, il progetto Ponte sullo Stretto di Messina continua a essere da anni un campo di battaglia politico, economico e sociale, che – guarda caso! – improvvisamente è scattato fuori dalla fervida mente di un certo Matteo Salvini – che è stato alunno di un Liceo Classico di Milano in cui sono stato Preside – che fino ad alcuni anni fa fortemente lo osteggiava.

Ritieni, quindi, che il Ponte non si debba realizzare?

Ritengo che il Ponte sia solo un sogno che, se si farà – ho però i miei dubbi – sarà pagato amaramente dai cittadini. A guardare i numeri, sembra piuttosto il ponte delle illusioni, un’infrastruttura da oltre 13 miliardi di euro, in una delle aree più fragili d’Italia, celebrata come “cantiere del secolo”, ma che non collega davvero Sicilia e Calabria al resto del Paese.

Con la costruzione del Ponte chi ci guadagnerà?

A guadagnarci, inutile girarci intorno, saranno i soliti noti: grandi imprese di costruzione, multinazionali dell’acciaio e del cemento, lobby della logistica e, ovviamente, la politica che cavalca il sogno del ponte come chiaro manifesto elettorale. Sarà facile tagliare nastri, mostrare rendering scintillanti e parlare di “futuro del Sud”.

Quindi, il problema o la questione Nord – Sud non sarà superata?

Il Ponte rischia di diventare l’ennesima beffa per il Sud, che sarà ancora una volta sfruttato mentre il Nord sarà maggiormente arricchito.  Ai cittadini siciliani e calabresi rimarranno solo posti di lavoro temporanei, legati ai cantieri, poco qualificati e destinati a scomparire una volta terminata l’opera. Nel frattempo, a guadagnarci saranno le grandi ditte del Nord, già individuate, che incasseranno miliardi dagli appalti pubblici. In pratica, se ciò dovesse malauguratamente avvenire, lo Stato spenderà soldi del Sud, il lavoro stabile resterà un miraggio, i profitti voleranno verso chi già ha il capitale. Messina e dintorni sarà per anni, almeno per un decennio, totalmente paralizzata dai “lavori in corso” e dai cantieri, interi quartieri scompariranno, inghiottiti dal cemento. Sarà un ponte… tra ricchezza e disuguaglianza, che unirà solo le lobby al potere e non le comunità locali.

Ne risentirà certamente, quindi, l’ambiente e il territorio?

L’ambiente è una grande incognita non facilmente superabile. Lo Stretto è un tesoro di biodiversità e al tempo stesso zona sismica tra le più delicate del Mediterraneo e forse del mondo. Metterci sopra un colosso d’acciaio lungo tre chilometri non è solo una sfida ingegneristica: è un azzardo, come dimostrato da vari ingegneri di fama che si sono ribellati all’idea del Ponte. Se qualcosa dovesse andare storto – e ciò è molto prevedibile – il prezzo lo pagherebbero generazioni intere. C’è poi il nodo della mobilità interna: senza un potenziamento serio delle strade e delle ferrovie di Sicilia e Calabria, che non c’è ma si promette di realizzare, il ponte rischia di restare un collegamento isolato, poco utile ai cittadini.

Il Ponte, quindi, rischia di non unire proprio nulla?

Il Progetto Ponte è una promessa vuota, che non unisce le comunità locali; non unisce il Sud al resto d’Italia, perché attorno non c’è una rete di infrastrutture vere; non unisce, infine, la politica alla realtà ma resta una promessa elettorale riciclata a ogni campagna. Dietro ai rendering patinati del ponte c’è la realtà amara di chi rischia di perdere casa. A Messina, tra Ganzirri e Torre Faro, a Contesse e a Villa San Giovanni in Calabria, infatti, centinaia di famiglie vivono nell’incubo degli espropri: case da abbandonare, terreni da cedere, attività da chiudere. Tutto in nome di un’opera che promette sviluppo ma che potrebbe trasformarsi in un trauma collettivo. Gli indennizzi, quando arriveranno, non copriranno mai il valore reale – né quello economico né tanto meno quello affettivo del quale non si tiene conto. Lo Stato chiederà sacrifici ai cittadini più deboli, forse con il silenzio delle autorità locali,  mentre i miliardi scorreranno verso i colossi delle costruzioni. Un ponte che divide ancora prima di nascere. La verità – diciamolo con chiarezza – è semplice: il ponte serve più a chi governa e non a chi viaggia ed è un monumento al consenso, un gigantesco spot pagato dai contribuenti.

In ogni caso, però, il Ponte sullo Stretto resta, a oggi, una grande scommessa…

Si, da un lato c’è l’ambizione di un’opera che potrebbe cambiare i collegamenti del Sud Italia, dall’altro c’è il rischio o la certezza che diventi l’ennesima “cattedrale nel deserto”, costosa e poco utile. Indubbiamente, rimane un’opera faraonica promessa come simbolo di sviluppo, ma che rischia di diventare l’ennesima macchina mangiasoldi. Il vero ponte che serve a Sud non è tra le due sponde, ma tra le promesse e la realtà.

 

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