
Prologo – Il suono di una bolla che scoppia All’alba del nuovo millennio, Wall Street somigliava più a Las Vegas che a un mercato finanziario. Ogni clic era un dollaro. Ogni startup con “.com” nel nome era una promessa di gloria. Bastava un’idea vaga, una slide confusa e un paio di venture capitalist con troppa liquidità e troppo poco sonno.
Poi, un giorno, il sipario cadde.
E con lui, trilioni di dollari evaporarono in una nube di codice HTML, stock option e sogni infranti.
Quella che passò alla storia come la bolla delle dot-com non fu solo un crollo di mercato. Fu l’equivalente finanziario di un rave nel deserto: euforia collettiva, zero regole, e il risveglio con il portafoglio vuoto.
Fu il momento in cui l’umanità scoprì che sì, Internet avrebbe cambiato il mondo…ma non nel modo in cui pensavano i trader del Nasdaq.
E oggi? Con l’Intelligenza Artificiale al centro di una nuova corsa all’oro digitale, il déjà-vu è troppo forte per essere ignorato.
Capitolo V – Niente fine. Solo un nuovo inizio.
Internet non è morto nel 2000.
Ha cambiato pelle.
Sotto la cenere dei fallimenti, restavano:
Infrastrutture: magazzini, data center, cavi in fibra pagati da aziende defunte.
Competenze: eserciti di ingegneri, marketer e founder scottati ma temprati.
Connessioni: reti sociali, culturali, logistiche. Tutto questo fu benzina per la fase successiva: il Web 2.0.
YouTube, Facebook, Twitter, Google: sorsero su una base già pronta.
Pagata da altri. Con i soldi degli altri.
Ironico, no?
Déjà-vu? L’IA tra sogno, hype e valutazioni Venticinque anni dopo, la ruota gira ancora.
Oggi la parola magica non è “.com”, ma “AI”.
Basta pronunciarla e — puff! — appaiono investitori, conferenze, slide piene di frecce e rettangoli.
Chi c’era nel 2000 ha un déjà-vu fastidioso.
Chi non c’era… sta caricando il portafoglio.
Le somiglianze?
La retorica salvifica: “l’IA cambierà tutto”.
Il fervore degli investitori: “Nvidia è il nuovo Amazon”.
La febbre da pitch: “basta dire AI e arriva il funding”.
Ma ci sono anche differenze, e non sono banali:
Questa volta, i protagonisti sono giganti redditizi, non startup improvvisate.
Le valutazioni, pur alte, sono ancorate a utili reali. I modelli di business sono più maturi e monetizzabili. In fondo, la bolla delle dot-com costruiva l’autostrada.
L’IA è la macchina che ci corre sopra.
Il nuovo rischio non è il collasso. È l’esagerazione Non è detto che l’IA stia per scoppiare.
Ma è possibile che alcuni titoli siano già prezzati per la perfezione.
Come Cisco nel 2000: ottima azienda, pessimo investimento… perché troppo cara. C’è anche il rischio dell’AI-washing: aziende che si travestono da esperte di Intelligenza Artificiale, ma che vendono fumo invece che algoritmi.
Il pericolo non è più solo il fallimento. È l’illusione di rendimenti stellari… in un cielo già pieno. Sopravvivere alla prossima onda
La bolla dot-com non è solo un aneddoto da libro di economia.
È una bussola.
Ci ricorda che:
La tecnologia non basta. Serve disciplina.
L’entusiasmo è utile. Ma non deve diventare euforia. Le rivoluzioni esistono. Ma l’investimento intelligente è una maratona, non una scommessa.
La vera domanda, oggi, non è se l’IA cambierà il mondo.
Lo farà.
La domanda è: in quanti ci guadagneranno davvero?
E la risposta dipende da chi saprà guardare oltre il clamore.
E capire che — ancora una volta — questa volta non è così diversa.
E ora, una meritata pausa estiva. A settembre torniamo con il caso Enron (ovvero: Come ho imparato a leggere il bilancio… al contrario).
Buone vacanze estive. Quest’anno provate a non aprire il portafoglio sotto l’ombrellone.
Fine
Alessio Vannucco, consulente finanziario indipendete, collaboratore Aduc