
Con la fine di luglio si concluderà il progetto SportUp!, il progetto promosso da Uisp e finanziato da Sport e Salute S.p.A. per riportare lo sport nei territori dove manca: quartieri periferici, aree interne, famiglie con minori possibilità economiche. Avviato lo scorso ottobre, ha coinvolto 540 bambini, bambine e adolescenti in 18 città italiane, offrendo attività motorie gratuite, regolari, costruite attorno alle specificità di ogni contesto.
Nei territori dove gli impianti sportivi sono scarsi, come nella provincia di Verona, si è puntato su attività a basso impatto logistico ma ad alto valore relazionale: parkour, danza urbana, tennis. A Matera, invece, una piazza rigenerata è diventata un campo da gioco per adolescenti italiani e ragazzi richiedenti asilo, ragazze ospiti di case famiglia e studenti delle superiori.
La forza del progetto è stata la sua capacità di adattarsi. Ogni Comitato ha disegnato percorsi sportivi a partire dal territorio, mettendo al centro prossimità, relazione e continuità. Le attività si sono svolte in scuole, parchi, cortili e centri giovanili, trasformando luoghi ordinari in spazi di benessere e comunità. Una delle parole d’ordine è dunque varietà: a Ferrara, un gruppo di giovani con disabilità ha seguito un ciclo di ginnastica adattata, mentre a Taranto la voga inclusiva ha permesso a ragazzi autistici di vivere un’esperienza inedita, costruita su misura.
Al centro di tutto, il lavoro degli operatori e delle operatrici sportive: figure formate, capaci di leggere i bisogni, accompagnare con empatia, costruire legami. L’obiettivo infatti non era solo “fare sport”, ma restituire accesso, fiducia e spazio a chi rischia di non averne. A Roma, ad esempio, nel quartiere Quadraro, una pista di atletica ha accolto ogni settimana una trentina di bambini tra i 6 e i 14 anni: per molti era la prima volta in un contesto organizzato, e il cambiamento si è visto nella postura, nell’umore, nella socialità. A Torino, invece, nel quartiere Mirafiori Sud, sono stati skateboard e longboard a costruire relazioni e fiducia: tavole, protezioni, spazi aperti e istruttori hanno dato vita a un’esperienza accessibile e gratuita, anche per chi non aveva mai praticato sport prima
SportUp! ha mostrato che un’altra idea di sport è non solo possibile, ma urgente. Uno sport che non seleziona, che non impone modelli unici, ma che si adatta, include, accoglie. Uno sport che fa bene al corpo, certo, ma anche ai luoghi, alle reti, alla qualità della vita. Mentre il progetto volge al termine, resta evidente il bisogno che ha intercettato. Non una richiesta di performance, ma di presenza, accesso e ascolto: non un lusso, ma una politica pubblica. È questa la direzione da seguire se vogliamo che lo sport sia davvero per tutte e tutti.
Lorenzo Boffa