
La strage dell’agosto 1980 di Bologna sembra che abbia registrato la parola fine con l’ultima sentenza dell’ultimo grado per l’ultimo fascista che aveva messo le bombe alla Stazione centrale. Ampia soddisfazione ovunque.
Dimentichiamoci un attimo della strage in sé, delle ricorrenze e dei cortei che ogni 2 agosto vengono fatti a Bologna. Dimentichiamoci un attimo dei resoconti che tutti i media fanno per ricordare l’Italia del 1980, le trame, i personaggi, etc. Concentriamoci sulla Giustizia (G maiuscola): quarantacinque anni.
Non stiamo parlando della rievocazione (più o meno storica quanto giudiziaria e riabilitativa) di un processo a Sacco e Vanzetti giustiziati in Usa nel 1927 pur se innocenti.
Abbiamo a che fare con un processo della Repubblica Italiana che, in corso a tutti gli effetti fino all’altro giorno, ha messo la parola fine dopo 45 anni.
In quelle aule frequentate da molti tutti i giorni e che – crediamo- sarebbe utile far fare le gite scolastiche agli studenti come si fa per il campo di sterminio nazista di Auschwitz. E far vedere cosa accade, cosa è accaduto e cosa continuerà ad accadere, sì da far capire che se si è coinvolti in un processo (per quanto terribile sia o per quanto si sia innocenti o colpevoli), è possibile che si avrà il responso dopo una cinquantina d’anni.
Questa “gita” nei tribunali la mettiamo insieme al recente caso di Beniamino Zuncheddu, che ha trascorso 33 anni da innocente in galera, e uscito grazie alla testardaggine di alcune persone che hanno chiesto e ottenuto la revisione del processo.
45 anni, 33 anni, ma stiamo scherzando o siamo una accolita di incoscienti incapaci mandati allo sbaraglio?
E’ dei giorni scorsi, per non sentirci completamente abbandonati, una sentenza della Corte dei Conti che ha condannato un giudice a risarcire per la lentezza del processo. Una goccia in un oceano che, nello specifico, è mota.
Non auguriamo a nessuno di finire in un’aula di tribunale, tantomeno in galera… ché il primo istinto (giustificato) sarebbe quello di comunque scappare, innocente o colpevole che si sia.
Ci domandiamo quali siano e se esistano sistemi e meccanismi – quelli che alcuni chiamano riforme – per farci uscire da questo incubo.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc