
Da un orfanotrofio ucraino alla strada, dall’abuso alla rinascita: oggi Valerio Zezur trasforma il dolore in arte. E il mondo comincia ad accorgersene.
Difficile restare indifferenti davanti alla sua arte. Difficile ancora di più restare in silenzio davanti alla sua storia.
Valerio Zezur, artista emergente dal passato feroce e dalla voce limpida, non ha avuto un’infanzia: ha avuto una guerra interiore.
Nato in un villaggio rurale dell’Ucraina, ha perso la madre a soli tre anni per un tumore al seno non curato. Il padre, segnato dall’alcol e dalla rabbia, finisce in carcere poco dopo. Rimasto orfano, Valerio viene affidato a un orfanotrofio dove a far compagnia sono la fame, la solitudine e il freddo dei muri, non solo climatici.
“A Natale non c’erano regali, ma muri più puliti. I compleanni li passavo senza candeline, ma con la speranza che non piovesse dentro il letto.”
Poi la partenza per l’Italia, tra mille illusioni. Viene adottato da una famiglia del nord, ma qui conosce un’altra forma di abbandono: quella più subdola, l’omofobia.
Scoperto a guardare contenuti che rivelavano la sua identità sessuale, i genitori adottivi reagiscono con violenza, arrivando a picchiarlo e a portarlo da psicologi per “correggerlo”.
“Mi sentivo un errore da aggiustare, non un figlio da amare.”
Segue un periodo fatto di comunità, fughe, strada.
Ma anche lì, quando tutto sembrava perduto, arriva una figura che promette sicurezza e famiglia: un uomo che chiede l’affido. Si presenta come salvatore. In realtà sarà l’inizio di un nuovo incubo fatto di plagio emotivo e abusi.
Valerio ne esce lentamente, passando da regione a regione come chi cerca se stesso tra i resti di un’esistenza spezzata: l’Ucraina, la Sicilia, la Lombardia, il Veneto.
È proprio qui, oggi, che ha trovato un nuovo inizio. E una voce. Quella dell’arte.
Le sue opere – materiche, grezze, istintive – parlano al posto suo.
Utilizza cemento, metallo, corde, gesso, colori che si stratificano come cicatrici.
Ogni quadro nasce da un’urgenza emotiva, come se il dolore trovasse finalmente un varco per diventare bellezza.
“Non ho mai voluto piacere, ho solo cercato di dire la verità. Quella che brucia. Quella che salva.”
Oggi, Valerio Zezur è un artista che espone, che emoziona e che scrive. Sta lavorando a un libro autobiografico in cui racconta tutto: la perdita, l’abuso, ma anche la forza, la rinascita, l’amore ritrovato e la voglia di trasformare il male in bene.
Non ha mai scelto scorciatoie o strade buie. Nonostante tutto, ha resistito. Ha preso ogni dolore e lo ha inchiodato su una tela, con la rabbia, ma anche con una luce che sorprende.
È un libro che non racconta solo una vita difficile. Racconta cosa significa sopravvivere. E cosa significa, finalmente, vivere.