
La drammatica notizia del suicidio nel carcere di Torino di un uomo di 42 anni è tristemente emblematica del corto circuito della propaganda securitaria per “risolvere il problema delle periferie”.
L’uomo, a quanto si legge, era stato arrestato ieri in Corso Giulio Cesare a Torino, in piena Barriera di Milano, per resistenza a pubblico ufficiale: davvero era necessario, per un reato del genere, l’arresto per direttissima e la detenzione cautelare in cella alle Vallette, in un carcere sovraffollato e notoriamente in sofferenza? La drammatica notizia ripropone un altro tema, troppo sottovalutato: e cioè la discriminazione nei confronti delle persone straniere, che hanno un tasso di misure cautelari ben più alto delle media (43% rispetto al 31%, dati CILD).
Anche i sindacati di polizia penitenziaria, esprimendo il loro cordoglio, ribadiscono poi che la questione della salute mentale è sempre più centrale per la tenuta del carcere: quale assistenza psicologica e quale sorveglianza vi è stata sull’uomo che si è tolto la vita per verificare che la detenzione avvenisse in condizioni di sicurezza? Ricordiamo che nel 2024 i suicidi sono stati oltre 90, uno ogni quattro giorni.
Il sistema repressivo invocato da destra si scontra con una situazione di emergenza totale delle carceri italiane: 62.137 detenuti rispetto alla capienza di 46.839, e anche a Torino il tasso di sovraffollamento è continuamente sopra il 130%, mentre restano molti problemi sulla mancanza di ispettori e ispettrici di polizia penitenziaria e sui carenti servizi per la salute delle persone detenute, a partire da quella mentale. Una situazione che è destinata a peggiorare a causa delle norme sciagurate introdotte con il DL Sicurezza.
Continuiamo a ripeterlo: al disagio sociale non si può rispondere con il carcere.