
Sereni, maresciallo dei Carabinieri, era accusato di aver tradito l’Arma, lo Stato, la sua famiglia. La Giustizia giudica uno degli uomini impegnati nella cattura del boss Salvatore Riina. Questi investigatori posero fine alla latitanza del capo di Cosa Nostra. Giacomo, è un assassino di ideali e speranze o eseguì solo degli ordini?
“Le mie mani non si sono mai macchiate di sangue“, si difende Giacomo Sereni, “io ho lavorato agli ordini dei miei capi, il Generale Mario Mori e il capitano Ultimo. La legge è uguale, sì, ma non per tutti. La Legge qui è uguale a se stessa. Sembra giusta sulla carta, ma poi ti guarda in faccia e decide dove sputarti. Se non succede è perché si è intrapresa una strada poco battuta, dove le tappe fondamentali sono conoscenza, responsabilità e giustizia.
La storia, quella vera, è che il covo di Riina, dopo l’arresto del padrino, doveva essere il punto di partenza di Ultimo per riuscire a catturare anche i suoi complici. Però, per continuare a tenere sotto controllo il covo, bisognava trovare un modo per depistare chi ci abitava. Far credere che nessuno sapeva di quel rifugio, ormai scoperto. Per questo si decise di fuorviare la stampa, di non dire dove si trovava il covo. Per questo tutti i giornalisti furono inviati altrove e noi potemmo proseguire con le indagini. Ma poi il solito giochino all’italiana… qualcuno bruciò la copertura. Lo sanno anche le pietre, ormai. Ultimo decise di aspettare. Non tutti erano d’accordo. Ma alla fine non perquisimmo il covo. Poi la mia squadra fu smantellata e Ultimo finì sotto inchiesta. Come posso allora credere ancora, come posso fidarmi ancora di questa terra che non paga mai, che non onora i propri eroi ma preferisce farli a fettine?”…
Due verità, due letture della storia, si affronteranno dunque da martedì in quell’ aula. La difesa e la pubblica accusa si preparano a un duro combattimento.
Il tempo, frattanto, passava inesorabile. Quel tempo che Giacomo ormai poteva solo calcolare ma non immaginare, men che meno vivere.
Quando si entra a far parte della schiera degli invisibili l’unico desiderio è dimenticare. I ricordi, il passato, Giacomo li aveva lasciati nella sua sacca da viaggio, l’amarezza in qualche piega del suo cuore. E la vita? Quella l’aveva cambiata. Completamente. C’erano momenti in cui si chiedeva se qualcuno, nel “mondo normale” lo cercasse, ma poi serrava i denti e il pensiero.
E’ andata in scena a Barcellona Pozzo di Gotto – Libreria Gutenberg – la presentazione dell’ultimo libro del giornalista e scrittore Roberto Gugliotta “Ultimo di trentamila. Il romanzo di un eroe dello Stato” (Elledilibro edizioni).
L’autore ha dialogato con la giornalista Federica Zaccone sulla trama e sui numerosi temi di denuncia sociale affrontati nella pubblicazione: dalla criminalità alla malasanità, dalla giustizia alla povertà. “Ultimo di Trentamila” parte da vicende reali per raccontare la storia di Giacomo Sereni, un carabiniere che dedica la sua intera vita al servizio dello Stato ma che in seguito alla delusione e al dolore vissuto, abbandona l’Arma per rifugiarsi nella vita di strada.
La presentazione è stata animata dalle domande del pubblico e dagli spunti di riflessione offerti dall’autore. Coinvolgenti le letture drammatizzate curate dalla regia di Nicola Calí. L’attore/regista ha preso parte all’interpretazione di alcuni dialoghi estratti dal romanzo insieme agli attori Angelica Alizzi, Pippo Blanca e Carlo Picichè.