
La burocrazia rappresenta un vero e proprio nemico invisibile che pesa ingiustamente sul sistema delle nostre Pmi, drenando almeno 80 miliardi di euro all’anno. È un fardello insopportabile che “schiaccia” soprattutto le microimprese, costrette a destreggiarsi tra moduli da compilare, documenti da produrre, timbri da apporre e file interminabili agli sportelli pubblici solo per ottenere una semplice informazione. Questi disagi tratteggiano quotidianamente la vita di tantissimi imprenditori e a denunciarli ci ha pensato l’Ufficio studi della CGIA.
Nonostante qualche timido passo in avanti fatto negli ultimi anni, la complessità delle norme e, spesso, l’impossibilità pratica di applicarle rappresentano un “dramma” insopportabile. Senza contare che i tempi medi per il rilascio di permessi e autorizzazioni da parte della nostra Pubblica Amministrazione (PA) restano tra i più elevati d’Europa; uno score da non andare particolarmente fieri e riconducibile, in particolare, a un livello di digitalizzazione dei servizi pubblici ancora troppo basso. Di conseguenza, a pagare il conto sono le aziende: che sottraggono tempo prezioso e risorse economiche fondamentali alla loro attività produttiva.
Sia chiaro: fare di tutta l’erba un fascio è sempre sbagliato. Nessuno, men che meno la CGIA, può disconoscere che anche la nostra PA presenta delle punte di eccellenza che ci sono invidiate in tutto il mondo; pensiamo alla sanità, alla ricerca, all’università e alla sicurezza. Purtroppo, la macchina dello Stato nel suo complesso funziona mediamente con difficoltà, soprattutto in molte regioni del Mezzogiorno, dove l’inefficienza costituisce un tratto caratteristico di queste realtà pubbliche.
Non solo. A preoccupare cittadini e imprese sono i tempi di risposta e i costi della burocrazia che sono diventati una patologia non più sopportabile. Avremmo bisogno di un servizio pubblico efficiente ed economicamente vantaggioso, invece, ci ritroviamo con una macchina pubblica “scassata” che fatica a tenere il passo con i cambiamenti epocali in atto.
E’ previsto un taglio di 30.700 norme
Sappiamo tutti che soluzioni miracolistiche non ce ne sono, tuttavia la semplificazione del quadro normativo sembra essere una delle operazioni più auspicabili da perseguire per alleggerire il peso della burocrazia normativa. E finalmente qualche segnale importante sta giungendo dall’azione politica della maggioranza. All’inizio dello scorso mese di aprile è stato approvato un disegno di legge del governo che prevede l’abrogazione di oltre 30.700 norme emanate tra il 1861 e il 1946. Una volta approvata definitivamente, questa misura ridurrà del 28 per cento lo stock delle norme vigenti. Speriamo che i tempi di approvazione siano ragionevolmente brevi.
In Ue siamo tra i peggiori
Anche dal confronto con gli altri Paesi, emerge che la nostra PA sconta dei differenziali di inefficienza molto preoccupanti. Secondo una recente indagine condotta dalla Banca Europea degli Investimenti (BEI), il 90 per cento delle imprese italiane ha dichiarato di avere del personale impiegato per adempiere agli obblighi normativi. Tra i paesi big dell’Unione, nessun altro ha registrato un risultato peggiore. Se in Francia il dato si è attestato all’87 per cento, in Germania è sceso all’ 84 e in Spagna all’ 82. La media UE, invece, si è stabilizzata all’86 per cento. Tuttavia, la cosa più preoccupante che emerge da questa indagine è riconducibile al fatto che in Italia il 24 per cento degli imprenditori intervistati ha dichiarato che impiegano oltre il 10 per cento del proprio personale per espletare tutte le formalità richieste dalla legge, dato che scende al 14 per cento sia in Francia sia in Spagna e all’11 per cento in Germania. La media UE, invece, è pari al 17 per cento.