Quanto e a chi serve la pubblicità. Gli effetti Tesla

Al di là del gradimento di un prodotto o servizio molto pubblicizzato, auspichiamo un effetto Tesla verso testimonial e aziende che vorrebbero comprare anche le nostre intimità.

Ci sono aziende che senza pubblicità non esisterebbero… si pensi a radio e tv non a pagamento. Ci sono anche radio e tv che paghiamo come contribuenti (il servizio pubblico Rai attraverso il cosiddetto canone), che però non solo hanno pubblicità, ma che proprio per questo fanno concorrenza sleale ai propri competitor.

In questo mondo di pubblicità c’è un aspetto particolare: l’uso di testimonial con notorietà in corso per dare valore alle offerte proposte. Si tratta di testimonial come attori, cantanti e, di recente in modo particolare, sportivi (mancano i politici, ma “mai dire mai”).

Persone che attirano l’attenzione per notorietà acquisita e che, in non pochi casi, non si sa se alla fine sono noti più per le proprie arti e mestieri che non per la pubblicità che fanno.

Ultimamente colpiscono le pubblicità di pastasciutta e telefonia (forse ce n’è sfuggita qualcuna) di chi primeggia nel tennis, anche citato nei tg di ogni tipo. Quindi, ogni volta che viene citato perché  vince una gara o ha un nuovo partner o è andato a visitare qualcuno o ha mal di pancia, ci dovrebbe venire in mente un “aglio e olio e peperoncino”.

Non ci sono solo tennisti, ma anche sciatori, saltatori in alto, nuotatori, pallavoliste, etc, ma il tennista ci ha maggiormente colpito perché molto presente rispetto ad altri. Chissà se un giornalista che cita una loro “impresa” si rende conto che sta facendo anche pubblicità ad alcuni prodotti di consumo.

Brave le aziende che, spendendo un sacco di soldi, si sono accaparrate questi testimonial.

Noi siamo i consumatori che dovrebbero comprare questi prodotti. Nonché utenti di servizi pubblici e privati di informazione che decantano le loro gesta. In un vortice dove alla  fine, non ci è chiaro se stimiamo la qualità di un prodotto o servizio per quanto ci piaccia o sia funzionale o perché, per esempio, pensiamo alle loro gesta mentre trangugiamo uno spaghetto o ci rimbocchiamo le coperte prima di andare a letto o scegliamo un gestore di Rete piuttosto che un altro.

Ascoltata in un tavolino di un bar in una periferia di una città italiana: hai visto com’è stato bravo Pinco Pallo che ha battuto quell’alttro? – Pinco Pallo chi? – Quello degli spaghetti – Ah, sì, veramente bravo.

Sicuramente è quello che vogliono chi paga questi testimonial per la pubblicità.

Non sappiamo se sia proprio quello che vorrebbero le nostre istituzioni che promuovono lo sport… per il benessere fisico e non certo per quello economico di testimonial – non ce ne voglia nessuno – attenti ai propri utili piuttosto che – come fanno vedere quando si impettiscono nelle premiazioni, avvolti nel tricolore e magari cantando Fratelli d’Italia – alle glorie di uno sport che dovrebbe rendere stima e onore a tutto il Paese.

Noi, intanto, nel nostro piccolo, ci siamo imposti di non comprare nulla di quanto viene propagandato in questi contesti. Chissà se avremo un ritorno come le Tesla per le gesta del suo patron.

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc