
di Andrea Filloramo
Per sapere quale Chiesa Papa Francesco consegnerà al suo successore, occorre uscire da quella che è stata un’immancabile, sentita retorica celebrativa, che ha accompagnato le solenni esequie e sostituirla con una riflessione critica, che non può fare a meno di un bilancio, che sicuramente i cardinali elettori hanno già fatto durante le quotidiane Congregazioni Generali, che si svolgono nei giorni prima dell’inizio del conclave.
La Chiesa che Papa Francesco consegnerà al suo successore è sicuramente il risultato di un pontificato che ha cercato in vari modi di mettere in atto una serie di riforme e di cambiamenti significativi, pur con resistenze e sfide da parte di vescovi e cardinali, scatenate per lo più da motivi di difesa dei loro privilegi.
Papa Francesco ha combattuto contro gli abusi sessuali del clero introducendo misure rigorose e trasparenti, anche se alcuni all’interno della Chiesa l’hanno accusano di “delegittimare” l’istituzione.
Ha fatto diventare centrale nel suo pontificato, con la sua insistenza sull’accoglienza, il tema dell’emigrazione.
Ha preso forti posizioni contro la guerra, come l’invasione russa dell’Ucraina e il conflitto israelo-palestinese e contro le guerre del mondo ma le sue parole, nonostante la sua autorevolezza e l’impegno della diplomazia della Santa Sede da lui attivata, non hanno trovato riscontro.
Non è stato indifferente di fronte al “declino della fede”, cioè all’inarrestabile processo in cui la credenza religiosa, la partecipazione a riti religiosi e la rilevanza della religione nella vita pubblica e privata sono diminuiti sempre di più e alla secolarizzazione in Europa e nel Nord America, dove la Chiesa perde sempre di più rilevanza.
Ha tentato di rispondere con uno stile semplice, empatico e vicino agli ultimi, lottando contro quella che egli ha chiamato “la cultura dello scarto”, quando cioè “le persone vengono scartate come se fossero rifiuti”, che “tende a diventare mentalità comune, che contagia tutti”.
Papa Francesco ha sempre messo al centro del suo pontificato i poveri, i rifugiati e gli emarginati, cercando di riportare la Chiesa al suo ruolo di serva dei più deboli.
Ha posto attenzione alle implicazioni etiche delle nuove tecnologie, lanciando appelli per un uso responsabile della Rete.
Ha portato la Chiesa, con l’enciclica “Laudato sì “,al centro del dibattito sul cambiamento climatico.
Si è impegnato nel dialogo con l’Islam (storica la firma del Documento sulla fratellanza umana con l’Imam di Al-Azhar) e con altre religioni, ma ciò è stato visto con sospetto da settori ultra tradizionalisti.
Papa Francesco consegnerà al suo successore una Chiesa in trasformazione, più sinodale e partecipativa, inclusiva e attenta alle sfide sociali e ambientali, più aperta alla comprensione e alle problematiche moderne, come il ruolo delle donne, i divorziati risposati, i rifugiati e le persone marginalizzate, gli omosessuali.
Consegnerà una Chiesa che, pur non avendo ancora raggiunto una piena sinodalità, ha, comunque, avviato un processo che la rende più dialogante e inclusiva, una Chiesa non giudicante e di chiusura, meno rigida, che, pur con tutte le sue difficoltà, si è avviata verso una maggiore inclusività.
Molte questioni, tuttavia, ancora rimangono aperte, tra cui il clericalismo, considerato da Papa Francesco,” una frusta, un flagello, una forma di mondanità che sporca, danneggia il volto della sposa del Signore e schiavizza il santo popolo fedele di Dio”; il ruolo delle donne, la struttura della Curia e le risposte alle nuove sfide morali e dottrinali.
Sarà, quindi, una Chiesa che ha iniziato a cambiare, ma che avrà bisogno di un successore capace di continuare e approfondire questi processi, mantenendo al contempo l’unità e l’equilibrio tra tradizione e cambiamento.
La Chiesa che lascerà avrà un’importante riflessione in corso su come la fede possa essere vissuta nel contesto moderno, con una particolare attenzione alle nuove domande sulla famiglia e sulla sessualità.
Papa Francesco, nonostante le resistenze interne, ha, inoltre, avviato un dibattito su temi come il celibato dei preti, i divorziati risposati e l’ammissione delle donne a ruoli di maggiore responsabilità nella Chiesa e il suo successore si troverà a dover portare avanti questo processo.
Ha promosso una “Chiesa in uscita”, un concetto che implica un’evangelizzazione attiva e una Chiesa che non si rinchiude nelle proprie istituzioni, ma si fa presente nei luoghi di sofferenza.
Ha promosso un clero più umile, più vicino alla gente e ha spinto per una maggiore corresponsabilità. E’ questo uno degli aspetti in cui il cambiamento è stato meno radicale, e il suo successore dovrà affrontare ancora la questione di come favorire una Chiesa più collaborativa.
Papa Francesco ha avuto un dialogo costante con la cultura contemporanea, cercando di rispondere alle sfide della modernità senza cedere ai compromessi con la verità cristiana.
In estrema sintesi: la Chiesa che verrà dopo Papa Francesco dovrà ancora continuare a fare i conti con una crisi di identità e di credibilità, causata da una visione che non sempre risponde ai bisogni reali delle persone e da un atteggiamento orientato più alla conservazione che alla promozione del Vangelo, che, come ricorda Papa Bergoglio “non è un modo di dire, ma un modo di vivere” ed è sul Vangelo che si fonda quella che lui ha chiamato la “cultura dell’incontro”.
A partire dal 7 maggio 2025, saranno i meravigliosi affreschi di Michelangelo a vegliare sull’elezione del 267.mo Romano Pontefice. Nella Cappella Sistina si aprirà un nuovo capitolo della storia della Chiesa e forse anche del mondo. Sul suo comignolo, con il colore del fumo, nero o bianco, sarà comunicato se e quando i cardinali eleggeranno il nuovo Papa. Là saranno protesi gli sguardi e le speranze degli uomini, cattolici e non, in attesa di scorgere il volto e di conoscere il nome del nuovo Vescovo di Roma.