La riflessione: il distanziamento sociale per non morire di Covid!

di ANDREA FILLORAMO

Ormai tutti, a cominciare dai bambini che ancora frequentano gli asili nido conoscono il significato del termine “distanziamento sociale,” chiamato anche “distanziamento fisico”, riferibile a quell’insieme di azioni di natura non farmacologica per il controllo del Covid-19, volte a rallentare o fermare la sua diffusione particolarmente in questo momento in cui esso si diffonde in maniera inarrestabile in tutto il mondo.

L’obiettivo del distanziamento – lo sappiamo tutti – è di diminuire la probabilità di contatto di persone portatore dell’infezione con individui non infetti, così da ridurre al minimo la trasmissione della malattia, la mobilità e, conseguentemente, la mortalità.

Sappiamo bene che il distaccamento ormai non è solo astrattamente conosciuto ma anche, in questi ultimi mesi, dopo l’irresponsabile “ubriacatura” estiva di libertà, non controllata o non sedata dal governo, è applicato dalla gente con grande sacrificio e con la rinuncia parziale, che si spera che non diventi totale, a quella che è un’esigenza umana, affettiva, compensativa, alla quale è stata non solo abituata ma che ha dato sempre sicuramente il senso alla sua vita.

Quel che sta succedendo, colpisce grandi e piccoli; è sotto gli occhi di tutti e crea profondo turbamento; tocca, quindi, le corde più sensibili dell’animo umano perché spezza l’istinto più forte che è l’attaccamento, un concetto usato in psicologia per esprimere l’insieme di comportamenti, pensieri, emozioni orientati alla ricerca della vicinanza, della protezione e del conforto da parte di tante figure  privilegiate, fra queste, volendo solo riferirci ai bambini che rappresentano la fascia psicologicamente più debole in quanto non pienamente consapevole per quel che accade loro intorno, quella del nonno, che dal punto di vista sanitario è più debole dei suoi nipoti Qualsiasi nonno si tiene distante, infatti,  ed è costretto a non incontrarsi con i nipoti, mentre bambini sono invitati pressantemente a non abbracciare il nonno. Ciò tocca le corde più sensibili dell’animo umano.

Per tali motivi, quindi, è nata, perciò, ed è cresciuta in questi ultimi mesi, la consapevolezza, al di là di quelli che per motivi ideologici o dei negazionisti, che tendono però a scomparire, oppure per altri motivi, sui quali non intendiamo discutere, hanno fatto la scelta di non seguire quella che ormai è diventata fortunatamente la mentalità comune, quella, cioè che la salute è un bene che bisogna, in ogni caso difendere, utilizzando tutte le strategie che ci vengono suggerite, purché  siano rispondenti al fine che si deve o si vuole raggiungere. Di esse è necessario, però, constatare e verificare i risultati, che non possono essere per nessun motivo affidati a quanti si servono di tali strategie per speculazioni politiche; devono essere, quindi, trasparenti, comunicate non solo con tabelle statistiche e matematiche non facilmente leggibili e, quindi, interpretabili dai non addetti al lavoro, costruite per incutere terrore, che, come sappiamo, causa spesso malattie più gravi perché psicologiche o addirittura psichiatriche, della malattia che si vorrebbe superare.

Cerchiamo di parlarci con estrema chiarezza, mettendo da parte, se è possibile, ogni nostra opzione partitica, ogni ideologia pseudo scientifica, ogni nostra eventuale acredine nei confronti di questo o di qualunque altro governo che potrebbe, anche se non ci sono attualmente le condizioni, nascere dal nulla nel prossimo o nel non più vicino futuro, ponendoci una domanda, che è la seguente: “Se tutti, o quasi tutti, anche se per paura, stiamo usando le precauzioni per non essere infettati o per infettare; se nei ristoranti, nei bar, nei cinema, nei teatri, nei musei, nelle scuole etc., sono stati fin ora osservati complessivamente, come si dice, i protocolli imposti dai DPCM continui;  se pochissimi e non documentati sarebbero stati in quei luoghi i contagi; anzi se addirittura, a causa del distanziamento sociale, come sostengono altri, i contagi si siano annullati, è lecito chiederci e chiedere quali possano essere i motivi per dare altre imposizioni, altre penalizzazioni, nuovi limiti di orario a locali che, per tali motivi, probabilmente verranno costretti addirittura alla chiusura e milioni di lavoratori saranno costretti alla disoccupazione e alla fame. Nessuno può impedirci di chiederci se quelle che abbiamo chiamato precauzioni (ma che erano autentici diktat), siano state sbagliate, inefficaci e quindi inutili.

Difficile per noi rispondere a queste domande, alle quali, però, sarebbe stato dovere del Governo stesso, rispondere in modo preciso e analitico, facendo riferimento ad ogni settore che viene colpito dal suo nuovo DPCM, prima di aggiungere altri provvedimenti a quelli imposti precedentemente.

Ho l’impressione, inoltre, e spero di sbagliarmi che il governo e chi ha responsabilità politica obblighino i cittadini al distanziamento sociale ma paradossalmente non li mettono in condizione di sempre osservarlo.

Basta, infatti, dare uno sguardo agli aeroporti, alle metropolitane, ai treni, ai pullman, a tutti mezzi di trasporto che sono largamente usati dalla gente per recarsi al lavoro, per andare a scuola, per sbrigare le faccende burocratiche e sanitarie alle quali è costretta tutti i giorni, per renderci conto (si tratta di circa 21 milioni di persone in mobilità quotidiana), che si viaggia come sardine in scatola, l’uno attaccato all’altro, pur con le mascherine che ormai usano tutti ed è proprio là, a mio parere, che circola liberamente il virus che  portiamo anche all’interno delle famiglie, specialmente dove ci sono anziani, che colpisce e uccide e non nei bar, ristoranti o in altre strutture di cui nell’ultimo DPCM.

Nessuno può mettere il dubbio questa realtà.

Bisognerebbe, quindi, agire di più sulla “mobilità sociale” e sul “distanziamento sociale”. A proposito della mobilità sociale occorre dire: “Basta con il confronto continuo fra i ministeri, fra gli enti locali e le aziende di trasporto locale che non riescono, per motivi di interesse di parte, a risolvere il problema del sopraffollamento nelle grandi e medie città”.

Basta discutere invano sulla capienza di bus, tram e metropolitane per un alleggerimento del carico dopo le segnalazioni di assembramenti sui mezzi e nelle stazioni, sapendo che meno capienza significa assembramento alle fermate e alle stazioni.

Non c’è sicuramente la bacchetta magica ma è sicuramente necessario al più presto ricalendarizzare le attività della nostra quotidianità e non dare per scontato che dobbiamo essere tutti al lavoro o a scuola alla stessa ora.

Occorre che si rendano disponibili tutte le risorse per incrementare tutti i mezzi di trasporto pubblici e privati, pur sapendo che mettere più mezzi in strada comporta oltre un certo limite problemi riorganizzativi complessi, che occorre però seriamente e non solo ipotizzare ma seriamente e scientificamente affrontare.

Questi temi vengono soltanto accennati nei continui dibattiti televisivi ai quali prendono parte gli scienziati, ma in cui non mancano mai i soliti personaggi televisivi spesso prezzolati che parlano di tutto senza dare risposte a queste domande.

Speriamo che il Presidente del Consiglio, ascolti sì il Comitato tecnico- scientifico che, in termini contradittori ha detto tutto quello che doveva o poteva dire sulla natura del virus, ha suggerito le strategie di contenimento, alle quali tutti o quasi tutti si sono adeguati, ma dialoghi con tutti, maggioranza e opposizione,  in modo particolare ascolti anche i cittadini prima che le rivolte che avvengano dovunque diventino pericolose per la stessa democrazia.