Cassanate gay…

Siamo sicuri che Antonio Cassano, nelle sue esternazioni del 12 giugno scorso, pronunciate durante una conferenza stampa tenuta a Cracovia, non volesse intenzionalmente offendere i gay o chicchessia. La rozzezza, l’insensibilità e l’ignoranza non si accoppiano automaticamente all’intolleranza, ma ne sono il terreno fertile. Fertilissimo, in Italia.

Cosa ha detto Cassano, rispondendo alle domande dei giornalisti? Più o meno questo: «Ci sono froci in squadra? Se penso a quello che dico [sic!], chissà che cosa vien fuori. Sono froci? Problemi loro, me la sbrigo così, sennò mi attaccano da tutte le parti. Son froci, se la vedessero loro. Mi auguro che non ci siano veramente in Nazionale». Insomma, un disastro intellettuale, un “crescendo” di rozzezza. Primo: per quieto vivere, meglio non dire che gli omosessuali fanno schifo («Se penso a quello che dico» [sic!]). Secondo: il lessico sprezzante e volgare («froci»). Terzo: la presa di distanza («problemi loro»), da non scambiare per tolleranza e rispetto delle autonome scelte altrui. Quarto: la perla finale, il fastidio, il desiderio di non averci a che fare (« mi auguro che non ci siano veramente in Nazionale»), come fossero malati infetti.

In conclusione, una “summa” dello squallore italico in tema di diritti civili, di rispetto delle persone, tipico di una mentalità superficiale, bigotta, cattolicista, spaventata dall’omosessualità, per cui è d’obbligo prendere le distanze da essa, schernire, anche per nascondere l’imbarazzo sulla questione. A poco sono valse le puntualizzazioni di Cassano avvenute nella stessa serata («L’omofobia è un sentimento che non mi appartiene. Non volevo offendere nessuno e non voglio assolutamente mettere in discussione la libertà sessuale delle persone. Ho solo detto che è un problema che non mi riguarda e non mi permetto di esprimere giudizi sulle scelte di altri, che vanno tutte rispettate»). Innanzi tutto, esse sono state evidentemente dettate da altri (forse dallo stesso commissario tecnico azzurro Cesare Prandelli, che già da tempo ha manifestato bei pensieri di tolleranza e civismo); in secondo luogo, il danno era ormai fatto.

Non si può colpevolizzare il giocatore, nato e cresciuto in un contesto sociofamiliare “difficile”. Invece, non si possono assolvere i giornalisti, che, prendendo spunto da alcune affermazioni di Alessandro Cecchi Paone sulla presenza di omo- e bisessuali in Nazionale, prima hanno provocato Cassano, con l’evidente scopo di fargli commettere una gaffe e, poi, alle sue risposte goliardiche, hanno riso sonoramente in gruppo. Questo sì è stato squallido! Proponiamo allora ai giornalisti sportivi, noti per la loro fine cultura e sensibilità sociale, di porre alla prossima occasione, a Cassano o altri, domande del tipo: «Nella nazionale ci sono evasori fiscali o gente che si vende le partite?» o «Nella nazionale ci sono analfabeti di ritorno?» o, ancora, «Ci sono cattolici ipocriti e intolleranti?». E il buon Cassano dovrebbe rispondere, anche in questi casi, «Spero di no!». E giù grasse risate.

Rino Tripodi

LucidaMente